A sinistra un grande roccione sovrasta la strada, che in quel punto si allarga ed è sostenuta da un possente muro in calcestruzzo.
Se rivolgiamo la nostra attenzione al roccione, vedremo che alla sua base si aprono tre cavità dall'accesso di forma quasi quadrata, oggi murato.
Queste cavità, un tempo, erano chiuse da porte in ferro, e pare che in precedenza fossero mimetizzate con il calcare circostante (tracce di questa "mimetizzazione" si vedono ancora).
Dietro a quegli accessi si trovano dei pozzetti, profondi alcuni metri: si tratta di "fornelli da mina", ovvero di cavità appositamente predisposte per essere riempite di esplosivo e far saltare la strada, interrompendola.
E' probabile che un'analoga cavità, ad andamento però orizzontale, si trovi sulla parete del muro di sostegno sottostante. Non è agevole ispezionare quella zona, e quindi è difficile confermarlo.
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Quando furono costruiti ?
Questi fornelli da mina (così come alcuni analoghi lungo la Strada Costiera) non hanno una datazione certa. Si ipotizza che risalgano alla seconda guerra mondiale, ma si tratta - appunto - solo di ipotesi.
E' anche possibile che risalgano al periodo della "guerra fredda", ovvero agli anni '50 o '60. E forse questa ipotesi - data la loro collocazione - è anche la più probabile.
E qui, per capirlo, bisogna comprendere quale fosse la loro funzione.
Fornelli da mina analoghi si trovano infatti anche lungo la strada costiera (anche se raggiungerli è decisamente più impegnativo); ma anche (di tipo differente) sul viadotto ferroviario di Aurisina e, in genere, su ogni importante via di comunicazione a nord di Trieste.
A sud di Trieste, invece, nulla.
Perché questo?
Non si deve pensare che l'interruzione di queste due strade (Strada del Friuli e Strada Costiera) servisse ad impedire (o almeno rallentare) l'accesso ad un ipotetico invasore da nord, ma, al contrario, servivano ad impedire che l'eventuale invasore, una volta occupata Trieste, potesse proseguire verso nord...
Trieste infatti sulle direttrici sud ed est è, dal punto di vista militare, assolutamente indifendibile: che si trattasse dell'Esercito jugoslavo o del Patto di Varsavia, anche solo pensare di organizzare una qualche difesa della città lungo il confine sud o est era militarmente una follia irrealizzabile.
Quindi, in caso di conflitto, Trieste sarebbe stata sicuramente abbandonata, e la resistenza sarebbe cominciata oltre il Timavo e sulla "soglia di Gorizia" (non a caso, le fortificazioni italiane della "fanteria d'arresto", disseminate lungo tutta le regione, iniziano proprio a Doberdò, mentre in tutto il territorio di Trieste non ce n'è neanche una...)
In questa ottica, le mine lungo la Strada Costiera e Strada del Friuli avrebbero, se non bloccato, comunque rallentato l'avanzata dell'esercito attaccante.
E' ragionevole pensare che analoghi fornelli si trovassero (e forse si trovino tuttora) anche lungo la vecchia "SS202" (la cosiddetta "camionale"), che costituiva la terza via di comunicazione verso nord: è probabile che tali fornelli siano stati poi demoliti nel corso dei lavori di costruzione della E70, che ne conserva il percorso quasi inalterato. Oppure, questa arteria sarebbe stata bloccata facendo saltare il soprastante viadotto ferroviario di Aurisina (che è predisposto per essere minato proprio in corrispondenza della E70).
Da fornelli da mina di Strada del Friuli |
Tornando ai fornelli da mina di Contovello: uno fu aperto, ispezionato e parzialmente rilevato nel 1989 dalla Società Adriatica di Speleologia (si veda Trieste Sotterranea, ed. Lint, pag. 353), ed è stato accatastato con il numero CA588 FVG-TS.
Nel testo di parla di UN solo fornello da mina, appunto perché in tale occasione solo uno fu esplorato e rilevato (mentre invece sono innegabilmente tre...).
Negli anni '90 pare che i fornelli da mina di Contovello furono nuovamente aperti ed ispezionati, alla ricerca di possibili "Nasco" dell'Organizzazione Gladio. Al termine dell'ispezione (in cui non risulta che fosse rilevato alcunché di anomalo) furono murati.
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