Venivano utilizzate allo scopo le cosiddette "jazere": profondi pozzi in muratura, scavati in prossimità di stagni, in determinate zone che si prestavano a questo scopo.
Questa attività pare essersi sviluppata nel corso del XVIII sec., e venne abbandonata tra il 1930 ed il 1940, soppiantata in quegli anni dalla produzione industriale di ghiaccio.
Il ghiaccio, accumulato nelle "jazere" durante l'inverno, veniva poi smerciato nel periodo più caldo, trasportandolo a Trieste su carri trainati da buoi che potevano trasportare fino a 35 quintali.
Era un'attività economicamente importante: all'epoca non esistevano altre fonti di produzione del ghiaccio, e lo stesso veniva venduto nelle stagioni più calde a caro prezzo (pare che, in determinati periodi, il prezzo di un Kg di ghiaccio fosse equivalente a quello di un Kg di carne!!!)
Vi era un certo consumo domestico (non esistevano frigoriferi, sostituiti dalla "jazera" domestica, un piccolo armadietto metallico isolato nel quale veniva deposto un blocco di ghiaccio per abbassarne la temperatura); però i clienti più importanti erano la birreria Dreher e gli ospedali.
Il consumo non era solamente locale: all'inizio del XX sec. il ghiaccio veniva imbarcato e trasportato fino ad Alessandria d'Egitto, e durante il trasporto pare che la perdita in volume sia stata solo dell'ordine del 10-12 %.
Sembra che ci siano state due differenti tecniche di produzione:
Una, utilizzata nelle zone più favorevoli (ovvero quelle con temperature più rigide, come ad esempio la zona di Draga), prevedeva che dalla superficie dello stagno venissero tagliati direttamente barre di ghiaccio di cm. 80x20/25; queste barre venivano poi calate nelle adiacenti "jazere", allineate e coperte da foglie secche e tavole. Strati successivi di barre di ghiaccio, foglie e tavole si sovrapponevano fino a riempire completamente la jazera.
Un'altra tecnica, probabilmente praticata in zone meno fredde o negli inverni meno rigidi, consisteva nel rimuovere periodicamente il sottile crostello di ghiaccio che si formava sulla superficie dello stagno, e di depositarlo nella "jazera". Qui i crostelli si consolidavano, fondendosi tra di loro e formando blocchi più massicci e consistenti, che venivano poi segati ed "estratti" nel corso della stagione calda.
Per tagliare il ghiaccio si usava un tipo particolare di ascia, mentre per movimentare le barre venivano usati degli uncini in ferro.
La jazera era protetta da un tetto, e si trovava normalmente in zone ombrose, onde favorire la conservazione del ghiaccio.
Varie jazere erano distribuite su tutta la zona carsica; oggi ne sono visibili i resti di alcune nella zona di Draga, di una in prossimità di Rupingrande, e di una a Slivia.
resti di una delle "jazere" di Draga |
lo stagno di Draga |
panoramica: lo stagno di Draga a sinistra e, a pochi metri di distanza, la "jazera" |
lo stagno di Draga ghiacciato Gli spessori di ghiaccio che si realizzano oggi devono essere sensibilmente inferiori a quelli ottenuti un secolo fa |
Riferimenti:
Ettore Tomasi: "Carso: Triestino - Monfalconese - Goriziano : per il turista e l'escursionista"Barbara Aterini: "Le ghiacciaie: architetture dimenticate"