raccolta di curiosità, segreti e misteri (piccoli e grandi), scoperti girovagando a caso per il Carso triestino
sabato 28 settembre 2013
il castello di Sistiana
E' quasi dimenticato il fatto che a Sistiana, in prossimità dell'attuale distributore di benzina, una volta si trovava un castello, costruito verso la fine del XV sec. per la difesa contro le scorrerie turche.
Nell'800 fu adibito a stazione di posta e, più tardi, ospitò uffici amministrativi e, in parte, abitazioni.
Danneggiato durante la prima guerra mondiale, fu demolito negli anni '20.
In questa foto, risalente alla prima guerra mondiale, possiamo notare alcuni militari (probabilmente appartenenti al Seebataillon Triest )
domenica 22 settembre 2013
il Palazzo d'Attila
L'attuale Villaggio del Pescatore sorge su quella che in realtà era una baia, interrata e bonificata negli anni '50. Però fino al secolo scorso, dove oggi ci sono le case del Villaggio del Pescatore c'era una palude e, qualche secolo prima, il mare.
Tale baia era detta "del catino" o "Val Catin", ed era chiusa da una scogliera ancora oggi visibile dietro alle costruzioni del primo nucleo abitato del Villaggio.
Sul ciglio di tale scogliera si trovano dei resti murari, fatti di pietre squadrate legate con malta, di non facile interpretazione (soprattutto oggi, in quanto per la maggior parte celate dalla folta vegetazione). Alcune foto risalenti all'epoca precedente alla prima guerra mondiale, quando la vegetazione era quasi assente, rendono l'idea dell'imponenza e complessità delle opere murarie.
Si intravedono anche i resti di un pavimento in cocciopesto, realizzato con rottami di pietra carsica e laterizi, legati con malta, con una cavità sottostante ormai occlusa (forse una cisterna?). Resti di laterizi si notano anche nella zona circostante.
Popolarmente queste rovine sono dette "Palazzo d'Attila", in quanto secondo la leggenda il "palazzo" venne dapprima utilizzato e poi distrutto da Attila nel 452, nel corso della campagna militare contro Aquileia.
E' tuttavia possibile che si tratti del mitico "Castellum Pucinum" citato da Plinio, e che si tratti del medesimo "Potium" o "Pucium" nel quale nel 737 d.C. venne rinchiuso il patriarca di Aquileia Callisto: la posizione dominante, che permetteva un efficace controllo sia della baia che della strada di accesso, ben si prestava ad un'opera militare di controllo.
Secondo P. Kandler, nella zona sottostante si trovavano degli anelli in ferro infissi nella roccia per l'attracco delle navi.
Riporto la descrizione dettagliata da http://siticar.units.it/ca/adriatico/sito.jsp?id=4_A :
Tale baia era detta "del catino" o "Val Catin", ed era chiusa da una scogliera ancora oggi visibile dietro alle costruzioni del primo nucleo abitato del Villaggio.
Sul ciglio di tale scogliera si trovano dei resti murari, fatti di pietre squadrate legate con malta, di non facile interpretazione (soprattutto oggi, in quanto per la maggior parte celate dalla folta vegetazione). Alcune foto risalenti all'epoca precedente alla prima guerra mondiale, quando la vegetazione era quasi assente, rendono l'idea dell'imponenza e complessità delle opere murarie.
Si intravedono anche i resti di un pavimento in cocciopesto, realizzato con rottami di pietra carsica e laterizi, legati con malta, con una cavità sottostante ormai occlusa (forse una cisterna?). Resti di laterizi si notano anche nella zona circostante.
il Palazzo d'Attila nei primi anni del XX secolo |
Popolarmente queste rovine sono dette "Palazzo d'Attila", in quanto secondo la leggenda il "palazzo" venne dapprima utilizzato e poi distrutto da Attila nel 452, nel corso della campagna militare contro Aquileia.
E' tuttavia possibile che si tratti del mitico "Castellum Pucinum" citato da Plinio, e che si tratti del medesimo "Potium" o "Pucium" nel quale nel 737 d.C. venne rinchiuso il patriarca di Aquileia Callisto: la posizione dominante, che permetteva un efficace controllo sia della baia che della strada di accesso, ben si prestava ad un'opera militare di controllo.
I resti, come si presentano oggi |
Riporto la descrizione dettagliata da http://siticar.units.it/ca/adriatico/sito.jsp?id=4_A :
Il sito si estende sulla cima del rilievo carsico dominante sulla baia detta “del Boccatino” o “Val Catin”, interrata negli anni ’50 per permettere l’estendersi del Villaggio del Pescatore. I resti attualmente visibili, attribuiti fino ad anni recenti ad epoca medievale, sono situati sulla cima del rilievo retrostante all’area corrispondente al sito di Casa Pahor, UT 159. Come già intuito dal Puschi, il corpo principale si dispone su tre livelli dei quali i primi due costituiscono le sostruzioni al complesso abitativo vero e proprio, situato più in alto. Esse, realizzate interamente in opera cementizia con paramenti a blocchi regolari, si articolano in due strutture parallele lunghe oltre 40 metri che definiscono l'estensione verso mare dell'intero complesso, superando un dislivello totale di almeno 10 metri. La struttura più esterna, costruita sulla roccia a strapiombo sul mare, opportunamente scalpellata, presenta un fronte articolato da contrafforti larghi c.ca 2 metri per una profondità di 3,50. La pulizia ne ha individuato tre che si legano saldamente alla struttura retrostante lasciando una luce di 5 metri scarsi. Il contrafforte più occidentale è anche pilastro angolare e limita l'estensione del complesso su questo lato: il muro che da questo si dipartiva verso nord-ovest, seguendo la forma del "Boccatino vecchio" è in parte crollato e non rilevabile. Sulla base di alcune particolarità rilevate in planimetria, è possibile che su questo lato si aprisse una ingresso secondario (quello principale doveva trovarsi verso nord-est), forse collegato attraverso infrastrutture in legno ad un sentiero (UT ) che permetteva di raggiungere il mare e fonti d'acqua potabile delle quali si conserva memoria orale. La seconda linea di sostruzione, perfettamente parallela alla prima, è conservata in questo punto con un alzato di due metri c.ca, nel quale si notano alcune buche porta palo e tre riseghe lievemente aggettanti. Da questa struttura, dopo c.ca sette metri verso sud-est, se ne diparte un'altra perpendicolare che si aggancia alla prima sostruzione e termina con una pietra angolare, vevendo a definire appunto, un possibile ambiente collegabile ad un ingresso aperto sul lato nord-occidentale del complesso. Il quartiere abitativo occupa il terzo livello. Ad esso sono riferibili numerose strutture delimitanti alcuni ambienti dei quali uno presenta una superficie a cocciopesto-signino gettato su volta. Il sottostante ambiente, non indagato perché completamente riempito, può forse nascondere una cisterna o vani relativi ad un cryptoportico, spesso ricavato quest'ultimo all'interno delle sostruzioni.
lunedì 16 settembre 2013
le lumache viventi nelle rocce di Duino
Il barone Valvasor, importante storico del XVII sec., nonché studioso di tutte le curiosità della regione, riportò anche la curiosa notizia di "lumache viventi nelle rocce di Duino":
Negli scogli rocciosi sopra Tybein - che il popolino chiama Duin - si rinvengono lumache che vivono nel sasso, vicino al mare. Infatti colà si stendono grandi scogli rocciosi dai quali con pesanti martelli si staccano grossi pezzi, ed allora vi si trovano dentro grandi lumache nere, che sono veramente delicate da mangiare e così saporite come le ostriche. Esse sono grandi quanto un pugno; la pietra ove vivono è piuttosto fratturata e piena di piccoli forellini. Dovrebbe dunque esistere nell'interno degli scogli rocciosi una certa mucillaggine, dalla quale la natura fa nascere rane e lumache. E poiché la pietra ha molti forellini, l'aria non può mancare alle lumache ivi prigioniere
Queste "lumache delle rocce" altro non sono che il Dattero di Mare (Lithophaga lithophaga), caratteristico mollusco una volta ricercato per le sue carni, ma oggi intoccabile: visti i gravissimi danni procurati dalla pesca del Dattero di Mare, ne è vietatissima la pesca e la detenzione.
Data poi la lentissima crescita (per raggiungere i 5 cm può impiegare anche 20 anni), è economicamente improponibile anche qualsiasi forma di allevamento.
domenica 15 settembre 2013
il libro vetta del Monte Lanaro
E' tradizione che sulle vette alpine si trovi un "libro vetta", custodito in cassette (o, un tempo, vasi sigillati) sulle quali ogni alpinista lascia traccia della propria presenza, firmandosi e scrivendo brevi frasi o citazioni.
Dal 1880 al 1902 una bottiglia di vetro nascosta in una fessura della roccia costituì il "libro vetta" del Monte Lanaro, e generazioni di escursionisti della Società Alpina delle Giulie vi depositarono bigliettini autografi.
La bottiglia con il suo contenuto venne infine ritirata dalla Società Alpina delle Giulie nel 1902, e quelle memorie furono raccolte ed ordinate cronologicamente in un apposito album.
Il primo biglietto portava la data del 29 agosto 1880; mentre gli escursionisti più fedeli ed assidui risultano Giuseppe, Paolina e Giusto Cossutta.
Dal 1880 al 1902 una bottiglia di vetro nascosta in una fessura della roccia costituì il "libro vetta" del Monte Lanaro, e generazioni di escursionisti della Società Alpina delle Giulie vi depositarono bigliettini autografi.
La bottiglia con il suo contenuto venne infine ritirata dalla Società Alpina delle Giulie nel 1902, e quelle memorie furono raccolte ed ordinate cronologicamente in un apposito album.
Il primo biglietto portava la data del 29 agosto 1880; mentre gli escursionisti più fedeli ed assidui risultano Giuseppe, Paolina e Giusto Cossutta.