Oggi me ne sono andato a fare una bella passeggiata sotto la pioggia.
Passeggiare sotto la pioggia non è male, anzi, è proprio bello, se appena appena uno riesce a superare il luogo comune ed il condizionamento pavloviano del "Oddio piove! Devo mettermi a correre e trovare un riparo perchè non devo bagnarmi".
Quella che piove è acqua, non acido solforico; la stessa identica acqua con cui facciamo la doccia, e che usiamo per lavare gli abiti.
Quindi basta seguire il vecchio consiglio dei nostri nonni di "tenere calde e asciutte le estremità" (quindi: buone scarpe, veramente impermeabili, ed un berretto in testa), ripetersi che "l'uomo non è solubile in acqua", e possiamo goderci splendide passeggiate. E scoprire spesso dettagli ignoti ai più, che preferiscno restarsene invece in casa, al caldo ed all'asciutto...
Ad esempio, nella passeggiata di oggi lungo il ciglione carsico mi è capitato di vedere questo:
E' il Timavo che, ingrossato dalla pioggia, sfocia nel golfo, ed a distanza ormai di cinque chilometri dalla foce forma questa curiosa e netta discontinuità nel golfo (più lontano, tanto che nella foto si riesce appena ad intravedere, anche l'Isonzo provoca lo stesso fenomeno).
Anche questo è un piccolo segreto del Carso, che viene donato a chiunque sia capace di coglierlo...
raccolta di curiosità, segreti e misteri (piccoli e grandi), scoperti girovagando a caso per il Carso triestino
domenica 30 novembre 2008
sabato 29 novembre 2008
casermetta del Nizza Cavalleria alle Sorgenti di Aurisina
Sembra che, verso la fine del 1942, sulla costiera triestina operò con funzioni antisbarco un "Gruppo squadroni appiedato" Nizza Cavalleria, costituito con personale richiamato dalle classi più anziane.
Se ciò è vero, una traccia se ne trova nella costruzione che si trova di fronte allo stabilimento delle pompe dell'acquedotto, sopra le sorgenti di Aurisina.
E' un piccolo edificio ormai fatiscente, che deve aver ospitato in tempi migliori una officina dell'ACEGA/ACEGAS/ACEGAT. Ma sui muri si ritrovano parecchie iscrizioni e graffiti che richiamano il Nizza Cavalleria, e chiari motti d'epoca ("Vincere", "Nell'assalto chi esita cade", spiritosamente corretto in un "Nell'assalto chi esita è Cadel"... chi sarà il Cadel che si è voluto prender di mira? Un operaio ACEGA? Può darsi...)
Se ne è parlato nel forum aTrieste, in questo thread (a proposito: grazie a Sbriso per le preziose informazioni!)
Se ciò è vero, una traccia se ne trova nella costruzione che si trova di fronte allo stabilimento delle pompe dell'acquedotto, sopra le sorgenti di Aurisina.
E' un piccolo edificio ormai fatiscente, che deve aver ospitato in tempi migliori una officina dell'ACEGA/ACEGAS/ACEGAT. Ma sui muri si ritrovano parecchie iscrizioni e graffiti che richiamano il Nizza Cavalleria, e chiari motti d'epoca ("Vincere", "Nell'assalto chi esita cade", spiritosamente corretto in un "Nell'assalto chi esita è Cadel"... chi sarà il Cadel che si è voluto prender di mira? Un operaio ACEGA? Può darsi...)
Casermetta Nizza Cavalleria alle Sorgenti di Aurisina |
Se ne è parlato nel forum aTrieste, in questo thread (a proposito: grazie a Sbriso per le preziose informazioni!)
domenica 16 novembre 2008
la casa romana di Sistiana
In prossimità della torre piezometrica di Sistiana si trovano i resti di una casa romana, databili al II o al I sec. a.C.; sono interessanti perchè si tratta dell'unica casa di epoca romana individuata sul Carso Triestino.
Per raggiungerla, bisogna percorere la carrareccia che conduce alla torre piezometrica. Poche decine di metri prima di raggiungere la torre, si deve imboccare un evidente sentiero sulla destra. Basta percorrere pochi metri, e si trovano i resti della costruzione.
Visualizzazione ingrandita della mappa
Fu scoperta nel 1973 grazie all'intuito di un cavatore, che intuì che quell'ammasso di sassi non era una delle tante pietraie naturali, ma i resti del crollo di una costruzione.
La rimozione delle macerie permise di mettere in luce la parte inferiore delle murature, ancora in ottime condizioni anche se edificate a secco. Successivi lavori permisero la stabilizzazione di tali murature, visibili quindi anche oggi.
La costruzione era costituita da un corpo centrale (purtroppo tagliato dal sentiero), e di tre vani.
Interessanti le soglie delle porte, in pietra, che conservano ancora le tracce degli scassi per i cardini delle porte:
Uno dei tre vani è pavimentato in lastre di calcare (anche se la pavimentazione oggi non è visibile, sepolta da foglie e sedimenti). In questo vano si trova anche una sorta di rozza, bassa colonna, oggi abbattuta sul pavimento (la madre degli imbecilli è sempre incinta), ma che al momento della scoperta era eretta e, forse, usata come incudine:
Vi sono anche gli evidenti resti di un focolare (forse una fucina) :
Oggi il complesso versa in stato di abbandono; tuttavia sembra non aver subito gravi danni, e forse ha solo bisogno di una bella ripulita dalla vegetazione...
(clicca su una delle foto per l'album fotografico completo)
Per raggiungerla, bisogna percorere la carrareccia che conduce alla torre piezometrica. Poche decine di metri prima di raggiungere la torre, si deve imboccare un evidente sentiero sulla destra. Basta percorrere pochi metri, e si trovano i resti della costruzione.
Visualizzazione ingrandita della mappa
Fu scoperta nel 1973 grazie all'intuito di un cavatore, che intuì che quell'ammasso di sassi non era una delle tante pietraie naturali, ma i resti del crollo di una costruzione.
La rimozione delle macerie permise di mettere in luce la parte inferiore delle murature, ancora in ottime condizioni anche se edificate a secco. Successivi lavori permisero la stabilizzazione di tali murature, visibili quindi anche oggi.
La costruzione era costituita da un corpo centrale (purtroppo tagliato dal sentiero), e di tre vani.
Interessanti le soglie delle porte, in pietra, che conservano ancora le tracce degli scassi per i cardini delle porte:
Da casa romana di Sistiana |
Uno dei tre vani è pavimentato in lastre di calcare (anche se la pavimentazione oggi non è visibile, sepolta da foglie e sedimenti). In questo vano si trova anche una sorta di rozza, bassa colonna, oggi abbattuta sul pavimento (la madre degli imbecilli è sempre incinta), ma che al momento della scoperta era eretta e, forse, usata come incudine:
Da casa romana di Sistiana |
Vi sono anche gli evidenti resti di un focolare (forse una fucina) :
Da casa romana di Sistiana |
Oggi il complesso versa in stato di abbandono; tuttavia sembra non aver subito gravi danni, e forse ha solo bisogno di una bella ripulita dalla vegetazione...
(clicca su una delle foto per l'album fotografico completo)
mercoledì 5 novembre 2008
il cimitero di guerra del monte Bitigonia - aggiornamento
Googlando e scartabellando, ho scoperto un po' di cose su questo fantomatico cimitero militare.
Intanto, il nome: si chiamerebbe "cimitero militare di San Pelagio", e non "del monte Bitigonia".
Ho poi scoperto che nei pressi si trova una grotta, la "CAVERNA DEL CIMITERO MILITARE (397/1492 VG)", che si apre con un pozzo profondo una quarantina di metri, e con una storia abbastanza truculenta. Sulla scheda del Catasto Grotte è riportato:
l'ampio imbocco si apre tra fitta vegetazione,a 300 metri dal quadrivio di San Pelagio, 10 metri a sinistra dalla strada in disuso che passa ad oriente del Monte Bitigonia e che si dirige verso il confine di stato.
DESCRIZIONE:
alla base del primo breve pozzo un ripiano detritico ne riduce la larghezza e si immerge in un secondo pozzo, dalla struttura irregolare e rivestito da concrezioni, in parte corrose da un velo d'acqua. Dopo un ripiano si apre una caverna, di forma allungata, che termina con alcuni vani adorni di concrezioni.
All'epoca della prima esplorazione, svoltasi nel 1924, gli abitanti di Prepotto riferirono che durante la guerra in questo pozzo erano state scaricate le salme dei caduti che non si era fatto tempo a seppellire dopo le battaglie più cruente. Tra i corpi, che venivano portati con dei camion, vi erano anche soldati che, pur avendo subito gravi mutilazioni, erano ancora vivi. La gendarmeria austriaca, avvertita del fatto, fece cessare l'orrenda pratica.
Molti anni prima, nel pozzo, che allora sarebbe stato ben più profondo, fu calato un contadino, il quale narrò che sul fondo scorreva un ruscello.
Inoltre ho scoperto che il 30 settembre 2007 tale grotta è stata pulita nell'ambito dell'iniziativa "Puliamo il buio"; durante tale pulizia sono emersi dettagli ancor più inquietanti...
Cito dal sito del Gruppo Speleologico San Giusto:
Questa cavità, profonda 45 metri, era stata oggetto negli anni ‘70 e ‘80 di un consistente inquinamento (elettrodomestici, materiali domestici desueti, parti d’auto, materiali di cantiere edile, le immancabili gomme e vestiario di vario genere) valutato ad opera finita attorno ai quattro metri cubi.
All’iniziativa hanno partecipato 23 speleologi appartenenti a varie associazioni della provincia di Trieste.
L’operazione di pulizia si è presentata da subito molto impegnativa per gli speleologi addetti al recupero esterno; poiché il pozzo è caratterizzato in più punti da strozzature che impedivano il sollevamento del materiale ingombrante. Proprio per questo già sabato 29 cinque attrezzisti hanno “armato” il pozzo con dei “deviatori” per obbligare i carichi sollevati a spostarsi dalla verticale ed evitare di farli incastrare sulle rocce.
È stata stesa anche una linea telefonica per poter agevolmente comunicare con il fondo della cavità durante le operazioni di recupero.
Durante la Prima Grande Guerra Mondiale, questa cavità si trovava nelle vicinanze di alcuni cimiteri militari ed era pertanto presumibile pensare che al suo interno si potessero rinvenire dei resti di soldati austriaci.
La pulizia ha interessato solamente la parte superficiale del fondo della cavità e di fatto, fra le pietre, sono emerse scatolette di viveri americane (nella Seconda Guerra a pochi metri c’era un campo militare degli alleati) e subito dopo, in una sorta di sequenza stratigrafica, scatolette austriache.
Mentre si svolgevano le lente operazioni di recupero si è avvicinato, incuriosito, un abitante del vicino paese di San Pelagio, che ha riportato notizie di una donna che, alla fine dell’ultimo conflitto, sarebbe stata gettata in questa grotta.
E purtroppo, differenziando i rifiuti, fra le molteplici ossa di animali (cavalli e molti cani) è emerso un frammento osseo probabilmente appartenente a una calotta cranica umana (molto verosimilmente di giovane donna).
L'articolo rimanda anche a due articoli de "Il Piccolo" del 30 settembre e del 14 ottobre 2007, e propone anche due album fotografici: qui e qui.
Intanto, il nome: si chiamerebbe "cimitero militare di San Pelagio", e non "del monte Bitigonia".
Ho poi scoperto che nei pressi si trova una grotta, la "CAVERNA DEL CIMITERO MILITARE (397/1492 VG)", che si apre con un pozzo profondo una quarantina di metri, e con una storia abbastanza truculenta. Sulla scheda del Catasto Grotte è riportato:
l'ampio imbocco si apre tra fitta vegetazione,a 300 metri dal quadrivio di San Pelagio, 10 metri a sinistra dalla strada in disuso che passa ad oriente del Monte Bitigonia e che si dirige verso il confine di stato.
DESCRIZIONE:
alla base del primo breve pozzo un ripiano detritico ne riduce la larghezza e si immerge in un secondo pozzo, dalla struttura irregolare e rivestito da concrezioni, in parte corrose da un velo d'acqua. Dopo un ripiano si apre una caverna, di forma allungata, che termina con alcuni vani adorni di concrezioni.
All'epoca della prima esplorazione, svoltasi nel 1924, gli abitanti di Prepotto riferirono che durante la guerra in questo pozzo erano state scaricate le salme dei caduti che non si era fatto tempo a seppellire dopo le battaglie più cruente. Tra i corpi, che venivano portati con dei camion, vi erano anche soldati che, pur avendo subito gravi mutilazioni, erano ancora vivi. La gendarmeria austriaca, avvertita del fatto, fece cessare l'orrenda pratica.
Molti anni prima, nel pozzo, che allora sarebbe stato ben più profondo, fu calato un contadino, il quale narrò che sul fondo scorreva un ruscello.
Inoltre ho scoperto che il 30 settembre 2007 tale grotta è stata pulita nell'ambito dell'iniziativa "Puliamo il buio"; durante tale pulizia sono emersi dettagli ancor più inquietanti...
Cito dal sito del Gruppo Speleologico San Giusto:
Questa cavità, profonda 45 metri, era stata oggetto negli anni ‘70 e ‘80 di un consistente inquinamento (elettrodomestici, materiali domestici desueti, parti d’auto, materiali di cantiere edile, le immancabili gomme e vestiario di vario genere) valutato ad opera finita attorno ai quattro metri cubi.
All’iniziativa hanno partecipato 23 speleologi appartenenti a varie associazioni della provincia di Trieste.
L’operazione di pulizia si è presentata da subito molto impegnativa per gli speleologi addetti al recupero esterno; poiché il pozzo è caratterizzato in più punti da strozzature che impedivano il sollevamento del materiale ingombrante. Proprio per questo già sabato 29 cinque attrezzisti hanno “armato” il pozzo con dei “deviatori” per obbligare i carichi sollevati a spostarsi dalla verticale ed evitare di farli incastrare sulle rocce.
È stata stesa anche una linea telefonica per poter agevolmente comunicare con il fondo della cavità durante le operazioni di recupero.
Durante la Prima Grande Guerra Mondiale, questa cavità si trovava nelle vicinanze di alcuni cimiteri militari ed era pertanto presumibile pensare che al suo interno si potessero rinvenire dei resti di soldati austriaci.
La pulizia ha interessato solamente la parte superficiale del fondo della cavità e di fatto, fra le pietre, sono emerse scatolette di viveri americane (nella Seconda Guerra a pochi metri c’era un campo militare degli alleati) e subito dopo, in una sorta di sequenza stratigrafica, scatolette austriache.
Mentre si svolgevano le lente operazioni di recupero si è avvicinato, incuriosito, un abitante del vicino paese di San Pelagio, che ha riportato notizie di una donna che, alla fine dell’ultimo conflitto, sarebbe stata gettata in questa grotta.
E purtroppo, differenziando i rifiuti, fra le molteplici ossa di animali (cavalli e molti cani) è emerso un frammento osseo probabilmente appartenente a una calotta cranica umana (molto verosimilmente di giovane donna).
L'articolo rimanda anche a due articoli de "Il Piccolo" del 30 settembre e del 14 ottobre 2007, e propone anche due album fotografici: qui e qui.
lunedì 3 novembre 2008
il cimitero di guerra del monte Bitigonia
Quante giornate passate sul Carso a cercare...
A cercare cosa? Grotte, cippi, doline, sentieri... si parte da indizi spesso vaghi (carte topografiche vecchie di trent'anni ed a scale improponibili, o libri ancor più vecchi e più confusi), e ci si ritrova spesso a vagare attraverso una macchia impenetrabile, fatta di rovi ed acacie spinose... ed alla fine della ricerca, spesso, si sono raccolti solo una bella dose di graffi.
L'esempio di oggi è il "cimitero di guerra" del monte Bitigonia.
Per chi non lo sapesse, il "monte" Bitigonia (in realtà, un insignificante collinozzo, della quota di 250 metri...) si "eleva" dalle parti di Ternova Piccola, sulla destra della strada che conduce al confine di stato.
Sulla vecchia tavoletta 1:25000 dell'IGM. a sud-est del "monte Bitigonia" è indicato, laconicamente, un "cimitero militare" (presumibilmente, vista la zona, Austro-Ungarico).
Sulla carta topografica per escursionisti 1:25000 del Carso Triestino tale cimitero è nuovamente riportato (il che lascia supporre che qualche traccia ci sia ancora...)
Sulla carta tecnica regionale 1:5000 non ce n'è traccia, e parimenti su google maps nulla lascia intuire un qualche cimitero.
Indizi sufficientemente vaghi ed imporecisi per gettarsi a capofitto nella ricerca.
E quindi via, ovviamente sottovalutando il problema, lasciando a casa il GPS e la carta 1:5000, ad affrontare quella che, sulla carta, sembra solo una passeggiata alla ricerca di uno spiazzo...
Nella realtà, la zona è piena di doline e depressioni, muretti a secco in pessime condizioni, vegetazione che non viene pulita da anni e che ha ormai formato un muro quasi impenetrabile.
Ed in un'ora di ricerca in una zona grande un ettaro non sono riuscito a venirne a capo. Quindi, dovrò tornarci... magari col GPS e con una cartografia più adeguata.
Nel frattempo: qualcuno ne sa qualcosa, di questo fantomatico "cimitero di guerra"?
A cercare cosa? Grotte, cippi, doline, sentieri... si parte da indizi spesso vaghi (carte topografiche vecchie di trent'anni ed a scale improponibili, o libri ancor più vecchi e più confusi), e ci si ritrova spesso a vagare attraverso una macchia impenetrabile, fatta di rovi ed acacie spinose... ed alla fine della ricerca, spesso, si sono raccolti solo una bella dose di graffi.
L'esempio di oggi è il "cimitero di guerra" del monte Bitigonia.
Per chi non lo sapesse, il "monte" Bitigonia (in realtà, un insignificante collinozzo, della quota di 250 metri...) si "eleva" dalle parti di Ternova Piccola, sulla destra della strada che conduce al confine di stato.
Sulla vecchia tavoletta 1:25000 dell'IGM. a sud-est del "monte Bitigonia" è indicato, laconicamente, un "cimitero militare" (presumibilmente, vista la zona, Austro-Ungarico).
Sulla carta topografica per escursionisti 1:25000 del Carso Triestino tale cimitero è nuovamente riportato (il che lascia supporre che qualche traccia ci sia ancora...)
Sulla carta tecnica regionale 1:5000 non ce n'è traccia, e parimenti su google maps nulla lascia intuire un qualche cimitero.
Indizi sufficientemente vaghi ed imporecisi per gettarsi a capofitto nella ricerca.
E quindi via, ovviamente sottovalutando il problema, lasciando a casa il GPS e la carta 1:5000, ad affrontare quella che, sulla carta, sembra solo una passeggiata alla ricerca di uno spiazzo...
Nella realtà, la zona è piena di doline e depressioni, muretti a secco in pessime condizioni, vegetazione che non viene pulita da anni e che ha ormai formato un muro quasi impenetrabile.
Ed in un'ora di ricerca in una zona grande un ettaro non sono riuscito a venirne a capo. Quindi, dovrò tornarci... magari col GPS e con una cartografia più adeguata.
Nel frattempo: qualcuno ne sa qualcosa, di questo fantomatico "cimitero di guerra"?